Quale poteva essere il motivo delle discrepanze fra il moto calcolato e il moto osservato? L’astronomo tedesco J. F. Encke, direttore dell’Osservatorio di Berlino, aveva spiegato le perturbazioni della cometa che da lui ha preso il nome con l’azione di freno provocata da un mezzo resistente interplanetario. Poteva valere questa causa anche per le anomalie di Urano? Improbabile, dato che il pianeta è estremamente massiccio, e le perturbazioni hanno un’andamento particolare. Analogamente, un satellite ancora da scoprire non avrebbe potuto produrre spostamenti di quel tipo.
Fu ipotizzata una “catastrofe”, in cui una cometa sarebbe entrata in collisione con Urano al tempo della sua scoperta nel 1781, cambiando in maniera sensibile la sua orbita. Perciò il moto prima e dopo il 1781 sarebbe stato rappresentabile con due distinte teorie, dando ragione a Bouvard. Ma, come abbiamo visto, anche la teoria ricavata dai dati moderni si trovò subito in fortissimo errore, testimoniando che la causa di disturbo continuava ad agire. [Si tenga presente che allora si riteneva che le comete fossero degli oggetti massicci, mentre di notevole hanno solo la chioma, che però è rarefattissima].
L’ipotesi più impegnativa fu che la legge di gravitazione di Newton fosse solo un’approssimazione di una legge reale con una formula più complessa. Quest’ipotesi era già stata tirata in ballo per il problema del moto del perigeo lunare. Verso il 1748 le prime teorie lunari, sviluppate dai tre grandi teorici Eulero, Clairaut e D’Alembert avevano dato approssimativamente ragione di tutte le principali ineguaglianze (perturbazioni) del moto lunare, eccetto che per moto secolare del perigeo, per il quale i loro calcoli davano una velocità pari alla metà di quella osservata. Non riuscendo a darsi ragione di una tale discrepanza, Clairaut propose di modificare la formula della legge di gravitazione di Newton (μ/r2) con il termine aggiuntivo ν/r3, ν essendo una quantità piccola. Tale termine correttivo avrebbe modificato poco i risultati newtoniani per valori grandi di r (come nel caso dei pianeti). Introducendo la nuova legge nella teoria lunare, Clairaut trovò che, per un valore opportuno di ν, si poteva fare coincidere il moto del perigeo calcolato con quello osservato.
Il grande naturalista francese G. Buffon argomentò contro questa legge, ma fu Clairaut stesso, nel 1749, a dimostrare che il problema del perigeo era dipeso non da un difetto della legge di Newton, ma dal fatto di aver sottovalutato il contributo di certi termini nelle equazioni del moto lunare, che egli aveva ritenuto erroneamente trascurabili. Con Eulero si convinse che, una volta completata in tal modo la teoria, la legge di Newton sarebbe uscita riabilitata e quindi più forte di prima. Ora, 60 anni dopo la morte di Clairaut, il problema di Urano fece ritornare il sospetto. Questa volta la legge di Newton veniva ritenuta non più valida per grandi distanze dal Sole; tuttavia, negli anni 1830 pochi erano disposti a ricorrere a questa soluzione estrema. George Biddel Airy, che fu nominato Astronomo reale l’11 agosto 1835, scrisse al Rev. Richard Sheepshanks, membro della Royal Society, il 17 dicembre 1836 dicendo che c’era “grande probabilità” che la legge di gravitazione universale differisse leggermente da quella dell’inverso del quadrato della distanza. Ma, come vedremo in seguito, in seguito si trovò implicato con le conseguenze dell’ultima ipotesi: l’influenza perturbatrice di un pianeta ancora sconosciuto.
La possibilità dell’esistenza di un altro pianeta invisibile, ma che poteva svelare la sua esistenza con gli effetti della sua attrazione, era stata avanzata già da Clairaut. Il 14 novembre 1758 egli lesse all’Assemblea pubblica dell’Accademia delle Scienze di Parigi la sua “Mémoire sur la comète de 1682” (stampata in Journal des Sçavans du Janvier 1759, pp. 38-45) in cui prevedeva il prossimo ritorno di quella che oggi si chiama cometa di Halley, in base a calcoli che tenevano conto delle perturbazioni di Giove e Saturno. Avvertì i lettori circa i limiti della precisione della sua predizione, osservando che
{A-0004.1759_.0001.17590100-0038_0045}} p. 40 ➤ Un corpo che passa nelle regioni così lontane, e che sfugge ai nostri occhi per degli intervalli di tempo così lunghi, potrebbe essere sottomesso a delle forze totalmente sconosciute; come l’azione di altre comete, o anche di qualche pianeta sempre troppo distante dal Sole per poter essere scorto.
In realtà il passaggio al perielio della cometa avvenne in ottimo accordo con la sua previsione. Nella sua Memoria del 1783, “Recherches sur la nouvelle Planète découverte par Mr. Herschel”, anche Lexell accennò alla possibile esistenza di altri pianeti:
{A-0011.1780a.0000.17830000-0303_0329m} p. 321 ➤ Il movimento di questo nuovo pianeta, altre a servire a convincerci, che questo astro deve essere contato fra gli altri pianeti del Sistema Solare, fa anche allo stesso tempo supporre, che potrebbero esserci diversi altri pianeti, a delle distanze più considerevoli dal Sole. Perché se si considera, che la distanza delle stelle fisse, non ha quasi alcun rapporto sensibile con le dimensioni conosciute del Sistema Planetario; non c’è nulla che ci impedisca di immaginare che i limiti di questo Sistema si estendano ancora cento volte più lontano dell’orbita di Saturno e anche aldilà se si vuole.
Come abbiamo visto, nel 1821 Bouvard aveva fatto riferimento a “qualche azione estranea e sconosciuta”. Negli anni seguenti alcuni astronomi suggerirono l’esistenza di un ottavo pianeta, in relazione alla cometa di Halley. In Comptes Rendus, 1, 1835 {A-0080.0001_.0008.18350921-0130_0131} p. 130 ➤ Arago riferì di una lettera ricevuta M. Valz di Nîmes (Jean Élix Benjamin Valz, poi direttore dell’Osservatorio di Marsiglia). Dal suo studio dell’orbita della cometa di Halley, Valz sospettò l’esistenza di un pianeta perturbatore:
Nîmes, 14-09-1835 ➤ Preferirei ricorrere, se necessario, a un pianeta invisibile situato oltre Urano. La sua rivoluzione secondo la progressione delle distanze sarebbe approssimativamente il triplo di quella della cometa, in modo che di tre in tre apparizioni le perturbazioni si riprodurrebbero quasi nello stesso modo, e il calcolo di 4 o 5 intervalli accertati potrebbe renderle note. Non sarebbe ammirevole poter garantire in questo modo l’esistenza di un corpo che non possiamo percepire; ma questi immensi calcoli non si potrebbero realizzare, come vi ho già detto, che per associazione, o con gli uffici di calcolatori, come ha fatto M. De Prony per le grandi tavole.
F. B. G. Nicolai, direttore dell’Osservatorio di Mannheim, si pose la stessa domanda di Valz. Osservò la cometa di Halley fra l’agosto ed il novembre 1835 e trovò che il passaggio al perielio avvenne un giorno più tardi rispetto alla data prevista e notò che simili discrepanze erano state registrate nelle precedenti apparizioni. “Schreiben des Herrn Nicolai an den Heraugeber”, Astronomische Nachrichten, 1835 {A-0073.0013_.0294.18351205-0089_0094} p. 94 ➤ A questo proposito è già stato ipotizzato che questo fenomeno potrebbe essere dovuto all’esistenza di un pianeta in movimento oltre Urano (secondo la nota analogia, a una distanza di 38).
Niccolò Cacciatore, direttore dell’ Osservatorio di Palermo, scrisse a Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS), una lettera che fu pubblicata in estratto:
MNRAS, 3, 139, dec. 1835 p.139 {A-0075.0003_.0018.18351211-0139_0139} ➤ Devo comunicarvi una cosa importante. Nel mese di maggio stavo osservando le stelle che hanno moto proprio; lavoro che mi ha occupato per diversi anni. Vicino la 12a stella, 12h del catalogo di Piazzi, ne vidi un’altra, pure della 7-8 magnitudine, e notai la distanza approssimata fra di esse. Le condizioni del tempo non avendomi permesso di osservarla le notti successive, non fu che nella terza notte che la potei osservare ancora, quando si era spostata di una buona quantità, essendo andata ancora di più verso est e verso l’equatore. Ma le nubi mi obbligarono a confidare nella notte seguente. In seguito, sino alla fine di maggio, il tempo fu terribile; sembrava che l’inverno fosse ritornato su Palermo: violente piogge e venti impetuosi si successero l’uno dopo l’altro, senza lasciare alcuna possibilità di tentare qualsiasi cosa.
Quando infine il tempo permise le osservazioni alla fine di due settimane, la stella era ancora nel crepuscolo serale, e tutti i miei tentativi di ritrovarla furono infruttuosi: stelle di quella magnitudine non essendo più visibili. Nel frattempo il moto stimato, in tre giorni, fu 10″ in AR e circa un minuto, o piuttosto meno, verso il nord. Un moto così lento potrebbe farmi sospettare che la situazione sia oltre Urano. Sono enormemente addolorato di non di non essere riuscito ad eseguire un esame così importante.
La lettera fu riportata anche su Comptes Rendus, 2, 01-01-1836, accompagnata da questa nota:
{A-0080.0002_.0007.18360215-0154_0155} p. 155 ➤ C’è in questa comunicazione una circostanza che gli astronomi faranno molta fatica a capire. Quando il tempo ridivenne favorevole a Palermo, alla fine di maggio, la stella mobile non era più visibile, dice Cacciatore, a causa della luce crepuscolare della sera. La spiegazione è ammissibile quando si tratta del passaggio dell’astro al meridiano; ma due o tre ore dopo il tramonto del Sole, a notte fonda, niente poteva impedire di confrontare il pianeta supposto con le stelle vicine; sia con una macchina parallattica, sia, in sua assenza, con il grande cerchio azimutale che occupa il primo posto fra gli strumenti dell’Osservatorio di Palermo. Ci sembra inconcepibile che un osservatore del merito di Cacciatore, contrariato come era, come doveva essere, di non potere constatare la realtà di una scoperta così capitale, non abbia pensato di seguire l’astro fuori dal meridiano.
Valz ritenne “abbastanza azzardato” dare un giudizio prendendo in considerazione solo il moto. Olbers propose di effettuare alcune prove al fine di determinare la vera natura dell’oggetto, ma scrisse pure che se fosse esistito un pianeta al di là di Urano, sarebbe stata confermata una vecchia supposizione fatta dal signor Bouvard e da pochi altri astronomi. Dopo aver letto questa notizia riguardante Cacciatore, Louis François Wartmann (astrofilo con un osservatorio privato di Ginevra) scrisse ad Arago una lunga lettera, pubblicata in Comptes Rendus, 2 (1836):
{A-0080.0002_.0013.18360328-0307_0311} p. 307 ➤ La comunicazione fatta alla Accademia Reale delle Scienze di Parigi, nella seduta del 15 febbraio scorso, relativa alla stella mobile osservata da M. Cacciatore, mi impegna a dirvi oggi alcune parole di una scoperta rimasta ignorata per quattro anni e mezzo, e che non avrei ricordato se non avesse una grande somiglianza con quella del direttore dell’osservatorio di Palermo, che le dà, in qualche modo, un nuovo interesse.
[Nota della redazione di C.R.] Per evitare ogni equivoco, dobbiamo dire, da subito, che i due astri in questione non dovranno essere confusi. Le osservazioni di Wartmann sono del 1831; quelle di Cacciatore del 1835; ora per andare, nell’ordine dei segni o con un movimento diretto, dalla posizione che indica l’astronomo di Ginevra a quella che ha dato Cacciatore, l’astro mobile avrebbe dovuto percorrere, in quatto anni, circa 3/4 dello zodiaco, ciò che non si può conciliare con la lentezza dei movimenti osservati alle due epoche. [riassunto delle 4 osservazioni di Wartmann, nelle date del 1831: 06/09, 25/09, 15/10, 01/11]
Conclusione della lettera:
{A-0080.0002_.0013.18360328-0307_0311} p. 311 ➤ Sembrerebbe più probabile che questo punto impercettibile sia un pianeta, che descrive attorno al Sole un’orbita il cui raggio è considerevole, ciò che spiegherebbe sia la piccolezza dell’arco percorso, e come il pianeta abbia potuto restare retrogrado per 86 giorni, che devono essere trascorsi dal momento della sua opposizione, verso il 7 agosto, fino all’osservazione del 1° novembre. Se si ammette la legge di progressione delle distanze dal Sole, seguita approssimativamente dagli altri pianeti, e che non è che che empirica, bisognerebbe che questo nuovo pianeta fosse ad una distanza dal Sole circa doppia di quella di Urano, espressa dalla cifra 388, quella della Terra dal Sole essendo 10; ciò che darebbe circa 243 anni per la durata della sua rivoluzione.
Wartmann non riuscì a ritrovare l’astro nel 1832 e nel 1837; dopo aver fatto un esame attento dei punti del cielo dove il preteso pianeta si sarebbe dovuto trovare, giunse ad ammettere che di esso non c’era più traccia. Nel 1847 Hind scrisse su MNRAS:
{A-0075.0007_.0015.18470509-0274_0274} p. 274 ➤ Io sono rimasto sconcertato dal supposto pianeta di Wartmann del 1831; l’unica conclusione alla quale posso arrivare è che nessuna orbita può rappresentare le quattro osservazioni date in Comptes Rendus. Il Professor Walker, al Washington Observatory, è arrivato alla stessa conclusione. C’è qualcosa di strano in tutto l’argomento.
Le osservazioni di Wartmann furono compiute un decennio dopo la congiunzione Urano-Nettuno, quando i due pianeti distavano circa 9°: difficile scambiarli fra loro! L’astrofilo di Ginevra non anticipò l’osservazione Nettuno; semmai, per quanto incredibile possa sembrare, non si accorse di aver osservato semplicemente Urano, a causa di errori nei dati. Questa spiegazione fu avanzata per la prima volta da Theodor von Oppolzer in Astronomische Nachrichten (1880):
{A-0073.0097_.2320.18800623-0253_0254} p. 253 ➤ Nei Comptes Rendus del 1836, Arago riportò le osservazioni di un oggetto osservato da Wartmann nel 1831, che, a mia conoscenza, non sono state ancora correttamente interpretate. Gauss ne scrive a Schumacher (Corrispondenza Vol. V p. 235) e non ritiene probabile l’identità con Nettuno. Se si calcola un’orbita circolare dalle osservazioni stesse, ci si avvicina alla distanza media di Urano. In realtà l’oggetto non è altro che questo pianeta; le posizioni fornite da Wartmann sono in media 6 minuti di tempo in ascensione retta più grandi e circa 26 minuti d’arco più a nord rispetto alle corrispondenti posizioni di Urano. È difficile stabilire se si sia verificato un errore quando Wartmann ha inserito la mappa, se si sia verificato un errore durante la lettura delle posizioni sulla mappa o eventualmente durante l’applicazione della precessione. Rimane sorprendente il fatto che sottraendo una variazione casuale di cento anni nelle posizioni dovuta alla precessione, gli errori nell’ascensione retta e nella declinazione scompaiono quasi simultaneamente.
Il mito dell’esistenza di un nuovo pianeta esterno si diffuse anche grazie ai libri di Mary Somerville, donna colta ed ambiziosa, ospite dei più rinomati circoli scientifici. Esperta in scienze fisiche e matematiche, fu amica di Airy e J. Herschel e in corrispondenza con Laplace e Arago. Nel 1831 pubblicò una versione popolare della Mécanique Céleste di Laplace; il libro, dal titolo “The Mechanism of the Heavens” (Il meccanismo dei cieli) ebbe un successo clamoroso, restando il testo standard di matematica ed astronomia sino alla fine del secolo. Nella prima edizione di questo libro, la Somerville considerò Urano al confine del sistema planetario: {B-0139.00_.1831} p. 399 ➤ Se giudichiamo la distanza del pianeta dalla lentezza del suo moto, eeso deve trovarsi proprio ai confini del sistema solare … Le sole sensibili perturbazioni nei moti di questo pianeta nascono dall’azioni di Giove e Saturno…
Nel 1834 la Somerville pubblicò un altro libro che ebbe un senzazionale successo (uscì in 10 edizioni): “On the Connexion of the Physical Sciences” (La connessione delle scienze fisiche). La prima edizione conteneva le Tavole Planetarie e lunghi capitoli riguardanti le perturbazioni; ma dopo le tavole di Giove e Saturno non inserì quelle di Urano (senza parlare del problema sollevato da Bouvard). Ne prese atto finalmente nella terza edizione di “On the Connexion… ” (1836) scrivendo:
{B-0177.00_.1840} p. 74 ➤ Le tavole di Urano concordano quasi perfettamente con le osservazioni moderne; quelle di Urano, tuttavia, sono già difettose, probabilmente perché la scoperta del pianeta nel 1781 è troppo recente per ammettere grande precisione nella determinazione dei suoi moti, o perché possibilmente può essere soggetto a disturbi da qualche pianeta non visto che orbita attorno al Sole oltre i presenti limiti del sistema solare. Se, dopo un intervallo di tempo, le tavole formate con una combinazione di numerose osservazioni saranno ancora inadeguate a rappresentare il moto di Urano, le discrepanze potranno rivelare la presenza, anzi, persino la massa e orbita, di un corpo posto per sempre fuori dalla sfera di visione.
E’ interessante notare che J. C. Adams, uno dei protagonisti della scoperta del nuovo pianeta, affermò poi che una singola frase della 6a edizione (1842) del libro della Somerville lo ispirò ad investigare sulle perturbazioni di Urano.