01.10.04 – Satelliti di Marte


Friedrich Wilhelm Herschel scoprì due satelliti di Urano (1787) e due di Saturno (1789); le sue osservazioni di Marte si svolsero solo durante le opposizioni del 1779, 1781, 1783, e in quest’ultimo anno decise di desistere nella ricerca dei satelliti del pianeta, che pure aveva condotto scrupolosamente (ho preso questo appunto da una fonte che non ricordo). Nel 1956 Willy Ley e Werner Von Braun pubblicarono il libro “The Exploration of Mars”. Io possiedo l’edizione italiana, “L’esplorazione di Marte” (Feltrinelli, Milano ottobre 1959), che a pag. 39 riporta: I libri di appunti di Herschel del 1783 contengono alcune note relative alle sue ricerche che però non diedero alcun risultato positivo.
Una ricerca dei satelliti di Marte fu condotta nel 1830 da J. H. Mädler con un rifrattore da 95 mm di apertura. Egli concluse che, se il satellite aveva lo stesso albedo del pianeta, non poteva avere un diametro superiore a 23 miglia [altra citazione da fonte sconosciuta]. Nel suo libro “Populäre Astronomie” (1841) {B-0225.00_.1841} Mädler scrisse: p. 212 Di per sé non ha una luna, altrimenti dovrebbe più essere piccola di qualsiasi altro corpo celeste. Anche se una luna di Marte avesse un diametro di soli 5 miglia, non potrebbe restare nascosta alla nostra vista durante le opposizioni favorevoli.

Nella stessa epoca, si interessò del problema anche John Herschel; l’astronomo austriaco Johann Joseph von Littrow nel 1834 sollecitò nuove osservazioni. La successiva campagna di ricerca dei satelliti fu compiuta da Heinrich Ludwig d’Arrest, l’astronomo che aveva fatto da assistente in occasione nella scoperta di Nettuno (1846). Egli operò all’Osservatorio di Copenaghen, usando un rifrattore da 25 cm, ma senza successo. Si trova una breve menzione alle sue ricerche nel libro di Joseph Klein, “Handbuch der allgemeinen Himmelsbeschreibung”, vol. 1 (1871) {B-0631.01_.1871}  :

{B-0631.01_.1871} p.140 Marte non ha lune, almeno non di diametro planetario. D’Arrest ha studiato attentamente e costantemente l’ambiente del pianeta utilizzando il grande equatoriale dell’Osservatorio di Copenaghen; il suo lavoro dimostra che non esiste alcuna luna di Marte con un diametro compreso tra 2 e 3 miglia. Inoltre, data la piccola massa del suo pianeta principale, una luna del genere avrebbe un periodo orbitale di 27,3 giorni a una distanza media apparente di 8,2 minuti d’arco al momento dell’opposizione.

Lo stesso d’Arrest scrisse una breve nota in Astronomische Nachrichten64, (1866) :

{A-0073.0064_.1517.18650307-0073_0076} p. 73 Correzione del signor Lassell all’astronomia satellitare nel n. 1512 dell’A.N. mi ricorda un’altra idea errata che, appartenendo anch’essa all’astronomia satellitare, è stata diffusa da alcune rappresentazioni generali del sistema solare. Tra le ragioni più evidenti che potrebbero aver ostacolato la scoperta di uno o più satelliti di Marte potenzialmente esistenti, si afferma comunemente (affermazioni del genere compaiono già alla fine del secolo scorso) che queste lune, al momento dell’opposizione di Marte, “potrebbero trovarsi a diversi gradi di distanza dal loro pianeta principale”. Se questa ragione non fosse, per analogia, decisamente assente, sarebbe certamente abbastanza significativa se il satellite fosse un po’ debole. Cercando una luna di Marte su più gradi, ci si sottoporrebbe a un lavoro non solo infinito, ma anche inutile, perché è più probabile che una luna di Marte, se esiste, sia invisibile per il motivo opposto. Sembra che nessuno abbia preso in considerazione il fatto che una luna del genere, che al momento dell’opposizione si allontana dal pianeta di oltre 70′ nella sua massima digressione, dovrebbe avere un periodo orbitale siderale più lungo del periodo orbitale siderale del pianeta principale. Un’ipotesi che nessuna delle 18 lune attualmente conosciute giustifica neanche lontanamente. Secondo il 4° volume degli “Annales de l’Observ. Imp. de Paris”, la massa più probabile di Marte può essere attualmente fissata a circa 1/2948110. Da ciò, per ragioni note, derivano i seguenti valori corrispondenti:
Periodo di rivoluzione siderale della luna di Marte Massima digressione nell’opposizione, distanza = 0,52
1 g. 0.9′
2 1.4
4 2.3
7 3.3
11 4.4
16 5.7
27.32 8.2
100 19.4
200 30.8
In occasione dell’ultima opposizione di Marte, mi sono interessato a vedere nel corso di alcune notti fino a quale classe di magnitudine il rifrattore locale mostra le stelle nelle immediate vicinanze del pianeta. Fino a circa la magnitudine 12, una luna difficilmente sarebbe potuta sfuggirmi; per oggetti più deboli, invece, non si potrebbe garantirlo, neanche a costo di sacrificare un tempo molto lungo. Un obiettivo da 10 1/2 pollici, anche nelle migliori condizioni, mostra stelle dalla 12a e 13a magnitudine in giù solo a una distanza considerevole da ♂︎, circa 8 o 10. Ora, anche se una luna del genere raggiungesse effettivamente una tale digressione, sarebbe comunque raramente visibile in questa posizione.

Un libro divulgativo, “De Sterrenhemel, Verklaard door F. Kaiser” (Il cielo stellato, spiegato da F. Kaiser), giunto nel 1860 alla terza edizione {B-0632.00_.1860}, a p. 190 contiene la frase: … se vogliamo aiutarci con l’assurda spiegazione che i pianeti più distanti richiedono un maggior numero di satelliti per compensare la mancanza di luce solare che è conseguenza delle loro grandi distanze, ci scontriamo con l’impossibilità di spiegare perché Marte, che è più distante dal Sole che la Terra, e per il resto mostra tante somiglianze con il nostro pianeta, non debb avere satelliti. Nel 1867 fu stampata una traduzione in danese/norvegese, con il titolo: “Stjernehimlen : oversat efter den tredie hollandske Udg. af Mathilde Ørsted” (Il cielo stellato, tradotto dalla terza edizione olandese da Mathilde Ørsted) {B-0633.00_.1867} A p. 167 si trova la frase che ho riportato sopra, seguita dal richiamo alla nota 7), stampata a p. 423, che dice: Il fatto che finora non siano state trovate lune di Marte forse è dovuto al fatto che una tale luna sia per sua natura molto vicina al pianeta principale, e che una debole stella sarebbe completamente estinta e resa invisibile nelle immediate vicinanze di un pianeta brillante. In precedenza, lo stesso fatto veniva spiegato su delle basi opposte, attirando l’attenzione su come sarebbe difficile trovare una luna di Marte a grande distanza dal corpo primario. Tuttavia, questo non può essere in alcun modo il caso, per la piccolezza della massa di Marte.

Il 1877 fu un anno fondamentale nello studio di Marte. Il pianeta si presentò in condizioni particolarmente favorevoli per l’osservazione, avvicinandosi notevomente alla Terra. Secondo i calcoli moderni l’opposizione avvenne il 5 settembre 1877 verso la mezzanotte (T. U.), mentre la minima distanza dalla Terra fu di 56.35 milioni di km il 2 settembre: il più forte avvicinamento del 19° secolo dopo quello del 1845 (55.80 milioni di km). Al momento dell’opposizione, tuttavia, il pianeta si trovò ad una declinazione -12°, sfavorendo quindi l’osservazione dall’emisfero boreale della Terra rispetto ad uno situato, ad esempio, in Australia. Ma a quell’epoca la maggior parte dei grandi strumenti era in Europa ed in America settentrionale, e molti astronomi non si lasciarono sfuggire l’occasione di studiare a fondo il pianeta rosso, e l’astronomo americano Asaph Hall riuscì a scoprire due satelliti.
Hall entrò nel 1857 all’Oss. di Harvard come aiutante degli astronomi Bond, ma guadagnava così poco che gli fu detto che se voleva mantenere lui e sua moglie avrebbe fatto meglio ad lasciare l’astronomia. Per fortuna non seguì il consiglio, e nel 1862 entrò come aiutante all’U.S. Naval Observatory di Washington, situato a Foggy Bottom sulla riva del fiume Potomac. Era un osservatore entusiasta ed acuto, abile nell’uso del micrometro, ed un abile matematico e calcolatore. Queste doti gli permisero di riuscire nell’impresa. Inizialmente a Washington lavorò con uno strumento relativamente modesto (il rifrattore Merz da 24 cm) ma nel 1873 fu installato il grande rifrattore Clark da 26 pollici (66 cm) di apertura e 10 m di focale, allora il più grande del mondo: la lente era opera di Alvan Clark e figli, probabilmente i migliori ottici dell’epoca. Lo strumento era indirizzato soprattutto allo studio delle orbite dei satelliti del sistema solare: compito allora di fondamentale importanza, perchè consentiva di dedurre la massa dei pianeti con precisione.
Prima di Hall, probabilmente la ricerca era stata tentata da Edward Singleton Holden, nostra vecchia conoscenza, quando era l’assistente e protetto di Newcomb. Molti anni dopo (7 marzo 1904), Hall scrisse a Seth Chandler:

{A-0020.0001_.0002.19700800-0109_0115} p. 113 Ci sono vari punti riguardo la scoperta dei satelliti di Marte che non sono stati notati. Così Newcomb e Holden ebbero il telescopio da 26 pollici per i primi due anni e cercarono di fare scoperte. W. Herschel disse che aveva visto 6 satelliti di Urano; e solo 4 sono noti. Qualcuno, forse Lassell, riportò un secondo satellite di Nettuno. Dopo due anni Newcomb fu stanco del lavoro di notte e offrì lo strumento a me. Aveva fatto buone terminazioni della massa di Urano e Nettuno. Procione era stato esaminato molto accuratamente per il compagno perturbatore. Ovviamente una delle prime cose che io feci fu trovare cosa i miei predecessori avevano fatto. Trovai in un cassetto nella stanza dell’Equatoriale una grande quantità di fotografie del pianeta Marte nel 1875. Dalla grafia di date e note probabilmente Holden diresse il fotografo, ma chiunque fece il puntamento del telescopio ebbe i satelliti sotto i suoi occhi. Tutto quello che serviva era il corretto modo di guardare, ed era sbarazzarsi della luce abbagliante del pianeta. I satelliti avrebbero potuto essere trovati ad Harvard nel 1862 molto facilmente.

Hall calcolò che per 42 giorni durante la favorevole opposizione del 1862, dal 4 settembre al 16 ottobre, i satelliti furono più luminosi di quanto non fossero stati nel 1877 osservati con il rifrattore di 9.6 pollici di Washington. Oltretutto, il pianeta fu 15° più a nord. Quindi la ragione per cui non furono trovati prima è che gli astronomi non li cercarono nel posto giusto e nel modo giusto. Probabilmente tutti guardarono troppo lontano dal pianeta, e in tempi recenti non furono cercati per niente.
Il 16 giugno 1875 Hall divenne responsabile del telescopio Clark, come successore di Newcomb, e tale rimase sino al suo ritiro (1891). Lo strumento era superlativo non solo per le dimensioni, ma anche per la qualità della parte ottica, soprattutto dopo la revisione effettuata da Clark in aprile e maggio 1876, quando la lente di flint fu rilevigata [ancora oggi, dopo che la montatura è stata rimodernata, continua a produrre osservazioni di alta qualità]. Cosa accese l’interesse di Hall per i satelliti di Marte? Lo ha lasciato scritto lui stesso. Intorno al 1950 fa fu scoperto all’U. S. Naval Observatory un manoscritto di Hall di 14 pagine che traccia le tappe principali della sua avventura. Solo 6 mesi dopo la scoperta dei satelliti, questo manoscritto fu recapitato come lettura alla Washington Philosophical Society. Parti del manoscritto furono pubblicate in “Observations and orbits of the Satellites of Mars, with data for ephemeris in 1879”, Astronomical and Meteorological Observations made at the U.S. Naval Observatory, vol. 15, pp.d1-d46 Appendix IV {A-0138.1875_.0000.18780000-App04-0001_0046}  e in “The Discovery of the Satellites of Mars,” Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, 38 (1877-78), {A-0075.0038_.0004.18780208-0205_0209} p. 205-209  . Citazione dal manoscritto:

Nel dicembre del 1876, mentre osservavo i satelliti di Saturno, notai una macchia bianca sulla sfera del pianeta, e le osservazioni di questa macchia mi fornirono i mezzi per determinare il tempo di rotazione di Saturno, ovvero la durata del giorno di Saturno, con notevole precisione. Si trattava di una cosa semplice, ma il tempo di rotazione risultante differiva di quasi un quarto d’ora da quello generalmente indicato nei nostri libri di testo di astronomia: e questa discordanza, poiché l’errore era moltiplicato per il numero di rotazioni e le effemeridi divennero presto completamente errate, mi mise in luce più chiaramente che mai la maniera poco attenta in cui vengono redatti i libri, mi mostrò la necessità di consultare gli articoli originali e mi rese pronto a dubitare dell’affermazione che si legge così spesso nei libri: “Marte non ha lune”.

Altra versione del discorso:

{A-0075.0038_.0004.18780208-0205_0209} p. 205 La questione se Marte avesse un satellite o no, anche se a volte mi venne in mente, non la considerai seriamente fino alla primavera del 1877. A quell’epoca varie cose erano successe che mi portarono davanti preminentemente tale questione. Forse la principale di queste fu la scoperta, nel dicembre 1876, di una macchia bianca sul globo di Saturno, che mi diede i mezzi per determinare il periodo di rotazione del pianeta, e mi insegnò quanto possano essere non degne di fede le affermazioni dei libri di testo; questo mi fece pronto a dubitare della frase che si legge così spesso, “Marte non ha luna”. Ancora, la favorevole opposizione di Marte nel 1877 naturalmente attrasse la mia attenzione.  Così mi misi a vedere cosa era stato fatto nella ricerca di satelliti di questo pianeta.
Cominciando con le osservazioni di Sir William Herschel nel 1783, trovai, ovviamente, una grande quantità di osservazioni del pianeta; ma dal tempo di Herschel, che appare aver cercato i satelliti di Marte, non era stata fatta nessuna ricerca seria, eccetto da un astronomo, – il Professor D’Arrest, di Copenhagen. Un riferimento al suo lavoro fu fatto dal Dr. Klein, nel suo Handbook of Astronomy, vol. i, p. 140, e una relazione più completa è data da D’Arrest stesso, in Astronomische Nachrichten, vol. lxiv., p. 74. Siccome D’Arrest fu un astroomo compiuto ed un abile osservatore, il fatto che non avesse trovato nessuna luna in una così favorevole occasione come l’opposizione del 1862 era scoraggiante; ma, ricordando la potenza e l’eccellenza della nostra lente, sembrò rimanere una piccola speranza. La declinazione sud del pianeta nell’opposizione del 1877 era, tuttavia, contro di noi, e probabilità sembravano essere in favore del potente riflettore di Melbourne.

Una lettera di Christian Heinrich Friedrich [Christian Henry Frederick] Peters, direttore del Lichtfield Observatory dell’Hamilton College, lo avvertì che nell’anno seguente un potente nuovo riflettore da 27 pollici (69 cm) sarebbe stato montato all’Osservatorio di Vienna. Questo avvertimento, notò Hall, accellerò la mia attenzione; doveva affrettarsi ad approfittare di quella opposizione. Hall si documentò sul lavoro di d’Arrest che ho citato sopra, ma avrebbe voluto saperne di più. Quell’astronomo purtroppo era morto da poco (14 giugno 1875), ma grazie al cortese interessamento di Hans Karl Frederik Kristian Schjellerup, che gli era successo come direttore dell’Osservatorio di Copenaghen, Hall ebbe conferma che nei suoi registri d’Arrest aveva descritto una ricerca senza esito. Molto tempo dopo (14 febbraio 1888), in una lettera a E. C. Pickering [Harvard College Observatory Archives] scrisse che aveva riesaminato i calcoli di d’Arrest, trovando che ammettere un’elongazione limite di 30′ era già troppo. Poi gli fece una confidenza.

{A-0020.0001_.0002.19700800-0109_0115} p. 112 Nel caso dei satelliti di Marte c’era una difficoltà pratica della quale non potei parlare in un rapporto ufficiale. Dovevo sbarazzarmi del mio assistente [Holden]. Era naturale che volessi essere solo; per la mia più grande fortuna il Dr. Henry Draper lo invitò a Dobb’s Ferry proprio nel momento giusto. Non può essere stato più distante di Baltimora quando io ebbi il primo satellite quasi nelle mie mani.

Hall incominciò la ricerca all’inizio di Agosto, non appena il moto geocentrico di Marte rese facile distinguere lo spostamento di un eventuale satellite fra le stelle. All’inizio la sua attenzione fu attratta dai deboli oggetti a qualche distanza da Marte; ma essendosi tutte rivelate come stelle fisse, il 10 agosto iniziò ad esaminare la regione vicina al pianeta, entro il bagliore di luce che lo circonda. Questo fu fatto lasciando il pianeta giusto al di fuori del campo di vista, e girando l’oculare in modo da passare completamente attorno al pianeta. Quella notte l’immagine del pianeta apparve “molto fiammeggiante ed instabile”, e Hall non trovò niente. Del resto oggi sappiamo che i satelliti erano troppo vicini al pianeta per poter essere visti. Man mano che il tempo passava senza alcun risultato, cresceva in lui la risoluzione di rinunciare. Ma sua moglie, che gli faceva anche da segretaria, Chloe Angeline Stickney (1830-1892, sposata nel 1856), lo incoraggiò a non smettere, dicendo che un risultato negativo doveva essere confermato quanto uno positivo, approfittando delle condizioni favorevoli di osservazione. Gli chiese di “fare un altro tentativo”. Tentando ancora alcune ore dopo trovò un oggetto a 70″.6 ad est del pianeta ed un poco a nord. Fece appena in tempo ad assicurare una misura della posizione, prima che la nebbia risalente dal fiume Potomac interrompesse il lavoro [a quell’epoca l’Osservatorio era in pianura, vicino al fiume; successivamente fu trasferito nell’attuale locazione in Massachusetts Avenue nella parte nord-ovest di Washington]. Erano le 2:30 di mattina del 12 agosto, Tempo Civile di Washington (pari alle 7.40 T. U.).

Aveva osservato il satellite che poi fu chiamato Deimos. Le note dell’11 agosto riportarono: buon seeing per Marte. Il margine della macchia bianca ha due tacche vicino al centro del suo contorno. (Una debole stella vicino a Marte). Giorni dopo Hall aggiunse il commento: Ciò prova che si tratta del satellite 1. Vedi 16 agosto e segg. {A-0020.0001_.0002.19700800-0109_0115} p. 111 In questa, come in altre occasioni, la moglie si rivelò preziosa. Hall, che da giovane lavorava come carpentiere, decise in seguito di intraprendere la carriera scientifica, per cui si trovò a frequentare un corso di geometria e tedesco al Central College (McGrawville, New York), tenuto da una professoressa di un anno più giovane di lui: Angeline. Si innamorarono, e si sposarono nel 1856; Angeline lasciò il suo lavoro per facilitare la carriera al marito. Angeline si appassionò alla ricerca dei satelliti, e chiedeva subito ad Asaph al ritorno dall’Osservatorio com’era andata; anche i bambini erano contagiati dalla aspettativa. Più tardi Hall le avrebbe reso omaggio: Avrei potuto abbandonare la ricerca se non fosse stato per l’incoraggiamento di mia moglie.
Il tempo nuvoloso perdurò per alcuni giorni, bloccando le osservazioni. Ci possiamo immaginare il tormento di Hall, che sospettava di aver scoperto qualcosa, ma non poteva confermarlo. Il giorno 15, siccome il tempo sembrava migliorare, dormì all’Osservatorio e, quando il cielo si rischiarò dopo un temporale, verso le 23, ritornò al telescopio. Ma l’atmosfera era ancora in condizioni molto cattive e del resto, come si seppe dopo, quel giorno le lune marziane erano troppo vicine al pianeta per essere visibili. Ancora una volta Hall ritornò a casa deluso. Il cielo si rischiarò nel corso della notte fra il 16 ed il 17 agosto, e Hall riprese le osservazioni. Alle 23.50 locali (4.50 T. U. del 17 agosto) scoprì ancora un punto luminoso e lo seguì per due ore. L’oggetto, ad est di Marte, era di magnitudine 13, e apparve muoversi con il pianeta. Difatti in due ore il pianeta si era spostato di 30″ rispetto alle stelle, ma il puntino luminoso solo di 3″ rispetto a Marte. Dunque quasi certamente era un satellite, vicino alla sua elongazione massima. Hall riuscì a malapena a trattenere la sua eccitazione (dal manoscritto che racconta la scoperta): Fino a quel momento non avevo detto niente a nessuno all’Osservatorio della mia ricerca di un satellite di Marte, ma lasciando l’Osservatorio dopo queste osservazioni del 16, verso le 3 del mattino, dissi al mio assistente, George Anderson, a cui avevo mostrato l’oggetto, che pensavo di aver scoperto un satellite di Marte. Gli dissi anche di stare zitto perché non volevo che nessuno sapesse finche la cosa non fosse oltre ogni dubbio.
Anderson fedelmente rimase zitto, ma Hall non ci riuscì: La cosa era troppo bella per poterla tenere, e me la lasciai sfuggire. Il 17 agosto fra l’una e le due, mentre stavo riducendo le mie osservazioni, il Professor Newcomb venne nella mia stanza a mangiare il pranzo e gli mostrai le mie misure del debole oggetto vicino a Marte che provavano che si stava muovendo con il pianeta.

Le osservazioni di quella stessa notte sarebbero state cruciali. Consultando le effemeridi, Hall aveva scoperto che il pianetino 52 Europa si era trovato vicino a Marte la notte del giorno 16; non aveva dati sufficienti per escludere che fosse stato quello il puntino luminoso che aveva visto. L’unico modo per togliersi definitivamente il dubbio era quello di rilevare il movimento dell’astro da un giorno all’altro. Se esso era il pianetino, la notte del 17 avrebbe dovuto trovarsi a sud-est di Marte. Se invece era un satellite giunto all’elongazione il giorno 16, doveva rimanere occultato dal pianeta per diverse ore, restando invisibile per buona parte della notte del 17, per ricomparire solo prima dell’alba. Quella fatidica notte il cielo era sereno e il telescopio fu rivolto verso Marte; non era visibile alcun satellite, e questo era un buon segno. Ma verso le 4 del mattino (9 T. U. del 18 agosto) Hall vide di nuovo il piccolo punto luminoso: era un satellite! Ma le emozioni non erano finite. Quasi simultaneamente vide un secondo punto luminoso, situato ancora più vicino a Marte e più difficile da vedere. La figura seguente riproduce la pagina del libro di osservazioni di Hall che si riferisce all’osservazione; essa fu riprodotta, insieme ad altre, su delle placche metalliche applicate alla sonda spaziale sovietica Phobos (che purtroppo si guastò poco dopo il suo incontro con Marte nel 1989). Il libro riporta una “Mars Star” a 63″.24 dal pianeta ed una “debole e difficile da discernere” a 30″.8. Entrambe questi oggetti sopra deboli ma distintamente visti sia da G. Anderson che da me. {A-0020.0001_.0002.19700800-0109_0115} p. 111

Dopo l’alba la notizia fu telegrafata ad Alvan Clark e figli a Cambridgeport, Massachusetts. Essi in effetti disponevano di un altro riflettore uguale e quello di Washington, costruito per Leander J. Mc Cormick, che attendeva ancora la sua sistemazione definitiva. Era intenzione di Hall di ottenere la conferma con questo altro riflettore nel caso ci fossero state delle nubi su Washington. Ma la notte seguente il cielo non fu coperto e le osservazioni proseguirono. Questa volta nella cupola erano presenti, oltre ad Hall e Anderson, anche Newcomb, William Harkness e D. P. Todd; tutti compirono delle misurazioni, e l’oggetto dapprima denominato “Mars Star” poi divenne “Mars-Satellite”. Hall scrisse: Immagini molto cattive alle 9h 40m, ma ho visto il satellite immediatamente. Todd notò: Seeing estremamente cattivo: tuttavia vidi il compagno senza alcuna difficoltà. ‘Alone’ attorno al pianeta molto luminoso, e il satellite era visibile in tale alone. {A-0020.0001_.0002.19700800-0109_0115} p. 111 Molti anni dopo, 11 marzo 1908, in Cosmopolitan magazine (p. 343) Todd scrisse: Così il mio fu il primo occhio che vide Phobos riconoscendolo come un satellite. {A-0745.0044_.0004.19080300-0343_0351} p. 343
Il satellite esterno (quello osservato per la prima volta il 12 agosto T. U.) fu di nuovo osservato, questa volta al bordo est del pianeta, e la sua posizione fu misurata per diverse ore con precisione. L’oggetto interno, quello osservato il 18 agosto (T. U.), fu rivisto e misurato da Hall. Ciò pose oltre ogni dubbio il carattere di questi oggetti e la scoperta fu pubblicamente annunciata dall’Ammiraglio Rodgers.
L’ Ammiraglio John Rodgers, che il giorno 19 diede l’annuncio, era il Sovrintendente dell’Osservatorio. Nel libro di osservazione di Hall le “Mars Stars” divennero “Mars Satellites.” Lo Smithsonian Institute comunicò il seguente messaggio agli osservatori americani ed europei:

Due satelliti di Marte scoperti da Hall, a Washington. Primo, elongazione ovest, 18 agosto, ii ore, tempo di Washington. Distanza 80 secondi. Periodo, 30 ore. Distanza del secondo, 50 secondi.
[quest’ultimo valore era sbagliato: la distanza era solo 30″ (al momento della scoperta, le distanze erano 85″ e 34″).]

Il New York Times diede la notizia il 22 agosto: “The satellites of Mars” (p.1, c.2). Per alcuni giorni il satellite interno causò dell’imbarazzo ad Hall. Talvolta, nella stessa notte, lo si vedeva ai due lati opposti del pianeta, tanto che Hall sospettò all’inizio di aver a che fare con 2 o 3 satelliti interni. Per chiarire la questione, seguì attentamente lo spostamento del satellite interno nel corso delle notti del 20-21 e 22-23 agosto … E vidi che c’era di fatto una sola luna interna che faceva la sua rivoluzione attorno al primario in meno di un terzo del tempo della rotazione del primario – in caso unico nel nostro sistema solare.
Hall constatò inoltre che il piano orbitale del satellite interno coincideva esattamente con quello del satellite esterno. A partire dalle osservazioni eseguite da Hall fino alla notte dal 20 al 21 agosto, Newcomb calcolò gli elementi orbitali provvisori. Ottenne i periodi di rivoluzione rispettivamente in 30h14±2m e di 7h38.5±0.5m (vedi Observatory, 1 (20 settembre 1877) {A-0072.0001_.0006.18770920-0181_0182} p. 181 ); i valori attuali sono 30h17m55s e 7h39m14s. Gli elementi orbitali permisero a Newcomb di calcolare la massa di Marte: 1/3.090.000 di quella del Sole. Il valore attuale (Sistema IAU 1976) è 1/3.098.710, quindi la precisione era già soddisfacente, se si pensa che prima, usando la teoria delle perturbazioni planetarie, si erano ottenuti valori che andavano da 1/2.546.320 (Delambre 1802, valore adottato da Laplace) a 1/3.734.602 (Airy 1828). Hall continuò ad osservare i satelliti con il telescopio da 66 cm fino al 31 ottobre. Nello stesso tempo osservazioni dei satelliti furono fatte da molti altri osservatori, anche con strumenti molto inferiori. Dopo aver ricevuto il telegramma di Hall, i Clark riuscirono a vedere i satelliti a Cambridgeport.

Henry Smith Pritchett, assistente di suo padre Carr Waller Pritchett al Morrison Observatory a Glasgow, Missouri, con un telescopio Clark da 12.25 pollici (31 cm) vide il satellite esterno per la prima volta il 29 agosto, e il satellite interno l’8 settembre, e per varie settimane fece una buona serie di osservazioni. All’Harvard College Observatory (Cambridge, Massachusetts), con un rifrattore da 15 pollici (38 cm), Edward Charles Pickering e i suoi assistenti videro il satellite esterno il 29 agosto e quello interno il 4 settembre; Leonard Waldo li osservò rispettivamente sino al 5 ottobre e al 23 settembre.
La notizia della scoperta fu telegrafata in Europa con il cablo transatlantico, e creò grande scalpore. Leverrier ne fu informato poco prima della sua morte (23 settembre). Il 27 agosto, a Parigi, i fratelli Paul e Prosper Henry fecero le prime osservazioni di Deimos con un rifrattore da 10 pollici; Wentworth Erck in Inghilterra vide questo satellite con un telescopio Cooke di appena 7.3 pollici. Hall ed i suoi colleghi John Robie Eastman e Henry Martyn Paul riuscirono ad osservare il satellite esterno debolmente ma distintamente per diverse notti anche con lo strumento minore dell’Osservatorio Navale, quello da 9.6 pollici (24 cm). Una volta lo videro anche con Marte nel campo di vista con un ingrandimento 430.
Quando Hall scrisse il suo manoscritto, in Europa dunque diversi osservatori avevano visto il satellite esterno, ma stentavano a trovare quello interno. Ad Harvard, Pickering e Wendell realizzarono una campagna di osservazioni che durò dal 1877 al 1882, durante la quale furono compiute nuove misure fotometriche. Risultò che entrambe i satelliti erano di circa magnitudine 12, anche se quello interno appariva un poco più luminoso di quello esterno. Pickering notò che i due satelliti apparivano grigiastri, in contrasto con il colore rossastro del pianeta; ciò indicava che la loro superficie doveva essere diversa da quella del pianeta.
Stimando per loro un’albedo (potere riflettente) paragonabile a quello di Marte, risultò che la luna interna doveva avere un diametro dell’ordine di 6 miglia (circa 10 km) e quella esterna di 7 miglia (circa 11 km). Sulla base delle misurazioni fatte sulle foto delle sonde spaziali, sappiamo che il primo satellite si avvicina ad un ellissoide triassiale di 19×21×27 km, e l’altro di 11×12×15; l’albedo geometrica è 0.06 per entrambi (0.15 per Marte). Nel 1878 Hall stimò gli elementi orbitali: per il satellite interno distanza dalla superficie di Marte 3760 miglia o 6050 km (valore esatto 5982), periodo 7h39.5m; per quello esterno distanza 12500 miglia o 20100 km (valore esatto 20065), periodo 30h18m. Il valore della massa fu migliorato a 1/3.093.550±5000 di quello solare.