01.07.07 – Scoperta di Giunone e di Vesta


Harding, uno degli assistenti di Schroeter presso l’Osservatorio di Lilienthal, stava disegnando una serie di carte celesti, in cui erano riportate tutte le piccole stelle adiacenti ai percorsi di Cerere e Pallade, al fine di rendere meno difficile la ricerca dei pianeti minori [le sue osservazioni continuarono per anni, e produssero un catalogo in 26 fogli pubblicato nel 1856 con il nome di Atlas novus coelistis]. All’inizio di settembre del 1804 fece una grande scoperta, che il giorno 6 comunicò a Gauss:

Harding a Gauss 6 settembre 1804, {L-02080} I05033 I04251 D18040906 : Carissimo amico, ha tutte le ragioni per essere felice: c’è di più da calcolare: la sera del 1° settembre, alle 10:12, ho trovato una nuova stella in movimento e l’ho osservata già quattro volte da allora. È di magnitudine 7-8, abbastanza luminosa e si muoveva, come richiesto dalla teoria, retrograda con una declinazione meridionale in forte aumento. La troverai già sulla mia mappa dell’orbita di Cerere e probabilmente vagherai in questa regione celeste per diversi mesi. L’ho trovata la sera del 1° vicino a una stella di magnitudine 8 di Lalande, rivedendo la prima pagina del mio atlante e mappandola secondo il giudizio visivo per il momento e ho stimato AR = 2° 24′ declinazione nord = 0° 36. Era scomparsa il 4 e ne ho incontrata una simile a AR 2° 2′ e 0° 1 declinazione sud. La riconobbi e all’inizio la considerai una specie di cambiamento di luce di cui ci sono così tanti esempi. Poteva essere impossibile sbagliarsi; e sospettai qualcosa di curioso. Attesi impazientemente la sera seguente ed ecco! La stella si era spostata di nuovo in modo da formare con c e b un triangolo). Poi la lasciai passare attraverso il cerchio vuoto ma non fui in grado, a causa del campo limitato del mio telescopio 5 piedi, di prendere qualsiasi altra stella se non quella piccola di Lalande, chiamata a. Le osservazioni fornirono la differenza in RA = 37′′.5 nel tempo, vale a dire una distanza orientale e settentrionale da a = 16′ 27′′. Il 6 ha formato insieme ad a e b una linea quasi dritta, e il micrometro ha dato la sua distanza occidentale da a = 1° 7′′.5 e la distanza settentrionale = 3′ 45′′ così che mostra un forte moto meridionale e si è spostata entro 24 ore non meno di 12′ 42′′ dall’equatore. Qual è la sua opinione su questo forte moto? Ho informato il dott. Olbers oggi dello straniero e senza dubbio lo sta osservando già stasera. La stella non mostra alcuna traccia di nebulosità o coda e quindi non posso considerarla una cometa…

Alla fine della lunga lettera, Harding scrisse che gli erano venuti dei dubbi sulla stella “a” di Lalande che aveva usato come riferimento. Olbers, che aveva osservato il nuovo astro a partire dal giorno 7, confermò che il catalogo di Lalande aveva un errore tipografico riguardo alla stella “a” [8′ invece di 7′], per cui i calcoli basati su di essa essa erano sbagliati. Harding continuò a mandare a Gauss nuovi dati e nuovi calcoli. Già a partire dalla lettera successiva (13 settembre) Harding parlò di un nuovo pianeta:

Harding a Gauss 13 settembre 1804, {L-02081} I05033 I04251 D18040913 : Il dottor Olbers lo ha chiamato con sicurezza pianeta a prima vista. In realtà sarebbe bello dare un nome al bambino molto presto. Rinuncerei volentieri a questo onore di scegliere un nome se mi fosse concessa una voce. Il dottor Olbers ha suggerito Giunone; ma questa piccola stella merita il nome di questa grande dea? Poiché il defunto Duca di Gotha aveva già preso in considerazione questo nome per un futuro pianeta, credo sia un diritto onorarlo con questo postumo. Senza tener conto di ciò, accetterei la tua scelta e preferirei Ebe. L’altro giorno ho preso in considerazione Themis, che era una sorella di Cerere e Pallade, ma Ebe e Giunone mi hanno convinto. Anche tu sei un ammiratore di questo genere amabile, non è vero? Per favore, assicurati che sia chiamato Ebe o Giunone.

In quel periodo, Zach era lontano dal suo osservatorio, e non poteva contribuire. Il suo giornale Monatliche Correspondenz nel fascicolo di ottobre pubblicò una lettera di Harding a Gauss:

{A-0007.0010_.0010.18040100-0271_0285} Probabilmente riceverete anche una lettera dall’ispettore Harding in persona con la stessa posta; ma in ogni caso, dovevo raccontarvi subito di questa importante, grande scoperta, che riguarda niente meno che la scoperta di un altro nuovo pianeta.

Gauss non potè non parlare delle difficoltà create dalla stella di riferimento. Il fascicolo di novembre {A-0007.0010_.0011.18041100-0449_0463} trattò le osservazioni di Oriani, Maskelyne, Olbers. Inizialmente, Gauss aveva creduto che il periodo orbitale del terzo “pianeta” fosse simile a quello dei primi due, ma poi scoprì che era notevolmente inferiore. Olbers giudicò che questo non pregiudicava la sua ipotesi dell’esplosione. L’articolo terminò con la notizia:

Lo scopritore di questo nuovo pianeta, l’Ispettore Harding, ha scelto il nome Juno per questo nuovo corpo celeste, e come simbolo uno scettro coronato da una stella . Questo simbolo si può scrivere molto facilmente e non può essere confuso con altri.

Per la precisione, il nome era Juno-Georgica, in onore del Re Giorgio III d’Inghilterra, patrono di Schröter e di Herschel. C’è molta confusione sul nome e sul simbolo. Il 25 settembre 1804 Gauss scrisse a Maskeline che aveva proposto a Harding il nome Hebe e come simbolo un fiore. Il giorno dopo, Olbers scrisse a Gauss che aveva accettato la sua proposta (Juno, simbolo: una spada sormontata da una stella), e l’avrebbe suggerita ad Harding. Come prevedibile, Lalande si tenne fuori da questa discussione: Scrisse in “History of Astronomy for 1804”, Monthly Magazine or British Register, 20, 1805 {0015.0020a.0133.18050901}, C’è già agitazione per dare un nome antico al nuovo pianeta: è stato proposto di chiamarlo Juno. Da parte mia, io non chiamerò i pianeti recentemente scoperti con altri nomi che Herschel, Piazzi, Olbers, Harding.

Johann Elert Bode ricevette una lettera di Johann Sigismund Gottfried Huth (datata 21 settembre 1804), che pubblicò come “Aus einem Schreiben des Hrn. Hofrath Huth aus Frankfurt an der Oder vom 21, Sept. 1804”, Astronomisches Jahrbuch für das Jahr 1807 (1804), pp. 265-267. La teoria di Huth era diversa da quella di Olbers, e vicina alle concezioni attuali:

{A-0008.0032_.0000.18040000-0265_0267} Io spero che questo [pianeta] non sia l’ultimo che viene trovato fra Marte e Giove. Penso molto probabile che questi piccoli pianeti siano vecchi come gli altri e che la massa planetaria nello spazio fra Marte e Giove abbia coagulato in molte piccole sfere, quasi di tutte le dimensioni, allo stesso tempo in cui avvenne la separazione del fluido celeste e la coagulazione degli altri pianeti.

Successivamente osservazioni di altri astronomi, come Schroeter, fecero pensare che Giunone fosse circondato da un’atmosfera molto densa; Schroeter osservò che mostrava forti variazioni di splendore, e suggerì che la sua forma non fosse rotonda. Herschel pubblicò un suo studio, in cui affermò che Giunone apparteneva alla stessa classe di Cerere e Pallas, confermando la sua classificazione: (firmata 1.12.1804, letta 6.12.1804) “Experiments for Ascertaining How Far Telescopes Will Enable Us to Determine Very Small Angles, and to Distinguish the Real from the Spurious Diameters of Celestial and Terrestrial Objects: With an Application of the Result of These Experiments to a Series of Observations on the Nature and Magnitude of Mr. Harding’s Lately Discovered Star”, Philosophical Transactions of the Royal Society of London , 95, (1805), 31-64

Olbers continuò le osservazioni zodiacali con tenacia. La sua perseveranza fu premiata la notte del 29 marzo 1807, verso le 6 di sera, quando scoprì il quarto pianeta minore, ancora nella parte settentrionale della costellazione della Vergine. Riguardo a questo, c’è da fare un appunto molto interessante. Mentre stava preparando un manoscritto sulla scoperta di Nettuno, Dennis Rawlins scoprì una coincidenza straordinaria: tutte e 3 le osservazioni di Olbers (1.1.1802: ritrovamento di Cerere, 28.3.1802: scoperta di Pallade, 29.3.1807: scoperta di Vesta) avvennero nello stesso grado quadrato di cielo, fra 184°-185° di ascensione retta, 11°-12° declinazione (1800.0). Ciò può aver aiutato il nascere della teoria di Olbers sull’esplosione di un’unico pianeta. Olbers scrisse a Gauss il 1 aprile 1807:

Condividete la mia felicità! Mi sono imbattuto ancora una volta in un nuovo pianeta, non scoperto per caso ma piuttosto, per così dire, localizzato grazie ad un progetto. Perché da 3 o 4 anni l’ho regolarmente cercato, una volta al mese, nell’ala nord della Vergine o nella parte ovest della Balena, a seconda di quale era sopra l’orizzonte. Quando iniziai una tale ricerca il 29 marzo nell’ala nord della Vergine, una stella sconosciuta piuttosto brillante di magnitudine 5-6 attirò la mia attenzione. Si trovava ad est di 20 Virgo, e ancora in modo particolarmente notevole era non molto distante dal punto in cui ho riscoperto Ceres e ho scoperto Pallas.

Il 3 aprile Olbers scrisse una lettera a Bode, che la ricevette il 10 aprile e la pubblicò in Astronomisches Jahrbuch für das Jahr 1810″ (1807):

{A-0008.0035_.0000.18070000-0194_0201} p. 194 3 aprile. Con il più grande piacere mi affretto ad informarvi, carissimo amico, che sono stato così fortunato da scoprire, il 29 marzo, ancora un nuovo pianeta, della famiglia degli Asteroidi. Questa volta la scoperta non è stata proprio un caso, e se le condizioni atmosferiche e la luce lunare non me l’avessero impedito, avrei scoperto questo cittadino del nostro sistema solare già 14 giorni prima. Secondo la mia ipotesi, cioè quella su questi asteroidi, la cui verità o falsità lascio in sospeso, e che adopero solo, per quanto le ipotesi possono essere utili, cioè: guidarci nelle osservazioni – ho supposto, come vi è noto, che tutti gli Asteroidi, che possono essere parecchi, debbano attraversare la parte nord-occidentale della costellazione della Vergine e occidentale della Balena. Passo regolarmente in rassegna ogni mese una parte di entrambe queste costellazioni, divenutemi ben note con tutte le loro stelle, che sono proprio più vicine alla loro opposizione.

p. 196 16 aprile. Non capisco davvero come la mia lettera del 3 abbia impiegato così tanto tempo ad arrivare. Sono lieto di condividere con voi le mie ulteriori osservazioni sul nuovo pianeta, Vesta. Il pianeta ha preso questo nome dal nostro dottor Gauss. Ho chiesto a questo incomparabile matematico, che ha reso così grandi servigi agli asteroidi, di fare da padrino ai miei nuovi pianeti e di determinarne i nomi e i simboli. Il nome Vesta mi sembra una scelta molto fortunata. Anche lei figlia di Saturno e sorella di Giunone e Cerere, era la dea protettrice della morale pura, della virtù immacolata e della felicità domestica. Il fuoco sacro che arde sul suo altare, simbolicamente rappresentato come .. , fungerà da simbolo di Vesta. – Vi prego vivamente di adottare questo nome e questo simbolo e di contribuire a diffonderli con la vostra autorità.

È interessante notare qui l’appellativo di “cittadino del nostro sistema solare” [Mitbürger unseres Sonnensystems] dato ad Olbers al suo pianetino; siamo ancora nel periodo in cui la borghesia tedesca aveva una spiccata simpatia per le idee della Rivoluzione Francese, almeno fino al 1806, quando divenne chiaro che gli obbiettivi della Francia napoleonica non erano diversi da quelli dell’ancien régime, cioe la conquista della riva sinistra del Reno.

Herschel si occupò anche di Vesta: (letta 4.6.1807) “Observations on the Nature of the New Celestial Body Discovered by Dr. Olbers, and of the Comet Which Was Expected to Appear Last January in Its Return from the Sun”, Philosophical Transactions of the Royal Society of London97 (1807), 260-266 bbb

Poco dopo la scoperta, Johann Burckhardt scoprì che Vesta era stata osservata da Lemonnier nel 1743. Diede la notizia nella memoria “Troisème Détermination des Elémens de l’orbite de la Planète Vesta”, comunicata all’Institut de France il 18 agosto 1807. Tale memoria fu riprodotta in Bibliothèque Britannique, 35(4), 358–361.

{A-0757.0035.0000.18070000-0358_0361} p. 360 Si sa come sarebbe utile per la teoria dei nuovi pianeti, di trovarne delle osservazioni antiche. L’esempio di Urano, osservato come stella fissa da Flamsteed, Le Monnier e Mayer, ha impegnato gli astronomi a dedicarsi a queste ricerche. Anch’io me ne sono occupato, e malgrado i loro scarsi successi li ho ripresi per Vesta, avendo il vantaggio di potervi impiegare una lunga serie di osservazioni di Mr. Le Monnier, che non sono state pubblicate. Mr. Le Monnier ha osservato il 12 gigno 1743 … il passaggio di una stella al suo murale d 5 piedi … Mi sono assicurato che questa stella non esiste più; supponendo il semiasse maggiore di Vesta 2.336 o 2.427, il pianeta si doveva trovare in quell’angolo di cielo. Dunque può essere che Mr. Le Monnier abbia realmente osservato Vesta. Sono riuscito a rappresentare le ultime osservazioni, con l’uno o l’altro di questi semiassi, sia rispetto alle longitudini (entro un minuto) che rispetto alle latitudini. Tuttavia non oso affermare che non si possa rappresentare meglio le latitudini conservando gli stessi semiassi. Ma mi è sembrato apportuno attendere delle nuove osservazioni prima di dedicarmi a dei nuovi calcoli; perchè non sarebbe impossibile che Mr. Le Monnier si sia sbagliato di un grado intero sulla declinazione della sua stella, per un semplice errore di notazione; e allora, non ci sarebbe nessuna stella sparita; perchè questa ultima esiste, e Mr. Le Verrier stesso l’ha osservata qualche giorno più tardi.

A partire dal 1809 si manifestò un certo disinteresse per la ricerca dei pianeti minori, giustificato dal fatto che, due anni dopo la scoperta di Vesta, meticolose osservazioni non avevano dato esito (quelle di Olbers durarono fino al 1817). Le prime 4 scoperte si erano succedute in un arco di 6 anni ed adesso, dopo quello che sembrava un lungo in tervallo improduttivo, esisteva una certa tendenza a considerare esaurite le possibilita di nuove scoperte. La Polizia Celeste si sciolse nel 1815; il quinto asteroide fu scoperto solo dopo 30 anni, l’8 dicembre 1845 (si veda il capitolo successivo).

L’ipotesi di Olbers relativa al pianeta primordiale trovò un sostenitore nel grande matematico ed astronomo teorico Lagrange. Il 29.1.1812 lesse davanti al Bureau des Longitudes “Sur l’Origine des Cometes” (pubblicata in Connaissance des Temps pour l’année 1814 (avril 1812), pp. 211-218; ristampata in Oeuvres de Lagrange, T. 7) in cui si legge:


{B-0174.07_.1877}  p. 381 L’ipotesi di Olbers, per quanto possa apparire straordinaria, è ciò nonostante non priva di verosimiglianza. Quelli che, Come Saussure, Dolomieu e alcuni altri, hanno fatto delle osservazioni e delle ricerche approfondite sulla struttura delle montagne, non possono fare a meno di riconoscere che la Terra ha subito delle grandi catastrofi, e che gli strati che ne formano come la scorza hanno dovuto essere sollevate, spezzate e spostate per azione di un fuoco interiore o di altri fluidi elastici racchiusi nel globo; è pure possibile che dei pezzi molto grandi siano stati staccati e lanciati lontano, e siano divenuti degli aeroliti in rotazione attorno alla Terra e scoppiati nuovamente al momento della loro caduta, o dei piccoli pianeti più o meno eccentrici, circolanti attorno al Sole, come la cometa del 1770, che Lexell e M. Burckhardt hanno riconosciuto altro non essere che un pianeta molto eccentrico, ma la cui rivoluzione non sarebbe che di circa 6 anni, o infine di vere comete.
{B-0174.07_.1877}  p. 389 M. Laplace ha proposto, nella Exposition du Système du Monde, una ipotesi ingegniosa sulla formazione dei pianeti dall’atmosfera del Sole; ma essa non si applica che delle orbite circolari e quasi circolari, e a dei movimenti diretti nello stesso senso. Se vi si aggiunge l’ipotesi dell’esplosione dei pianeti per l’azione del calorico che il passaggio dallo stato aeriforme allo stato solido avrà concentrato al loro interno, si avrà un’ipotesi completa sull’origine di tutto il sistema planetario, più conforme alla natura e alle leggi della meccanica di tutte quelle che sono state proposte fin qui.

Nel 1814 cercò di indagare la fisica di un’esplosione planetaria, dimostrando che la disgregazione violenta in piccoli frammenti di un pianeta era comprensibile in termini di forze dell’ordine di quelle note sulla Terra. Calcolò che una velocita iniziale venti volte inferiore a quella di una palla di cannone (un arbitrario riferimento standard) avrebbe permesso alle singole particelle, risultanti dall’esplosione, di immettersi su orbite ellittiche distinte. Le eccentricità ed inclinazioni sarebbero state quelle richieste dall’ipotesi di Laplace sull’origine del sistema solare.

Laplace vedeva i 4 piccoli pianeti come un pianeta non finito, residui di quell’anello di materiale che aveva circondato in Sole (secondo la sua celebre “Teoria Nebulare” sull’origine del Sistema Solare). La legge di Bode nel frattempo incontrò un maggiore successo dell’ipotesi di Olbers, che non riuscì mai a diventare una vera e propria teoria.