Un possibile avvistamento del 22.5.1823 fu spiegato da T.W.Webb come una stella vicina a Venere: “The satellite of Venus”, Nature, 14 (29.6.1876) {A-0081.0014_.0348.18760629-0193_0195} p. 193-195 ➤ . Lo stesso Webb, all’inizio della sua pratica astronomica, aveva visto delle immagini nebulose in vicinanza di Venere, Giove e Sirio, ma si era accorto che si trattava di illusioni ottiche, perchè l’oggetto secondario si vedeva quando quello principale era fuori dal centro del campo visivo, e si spostava e spariva centrando il puntamento. Una volta Giove gli era apparso con 5 satelliti, ma dopo aver ruotato l’oculare e variato il puntamento si era reso conto che la quinta luna era stata solo un’illusione. Webb propose di spiegare il satellite di Venere con una riflessione atmosferica o un miraggio; questa teoria fu estesa da Thirion (Revue des questions scientifiques, janvier 1885) {A-0345.0009_.0001.18850120-0044_0062} p. 44 ➤ ma non spiega le posizioni e le dimensioni osservate.
F.Schorr nel suo libro “Der Venusmond und die Untersuchungen über die früheren Beobachtungen dieses Mondes”, Braunschweig, F.Vieweg und sohn (1875) (xvi+186 pp.) {B-0589.00_.1875} ➤ cercò di rinnovare l’interesse per la questione, affermando che il satellite esisteva, ma era scarsamente visibile perché la superficie aveva delle parti molto scure.
l 30 marzo 1881 W.F.Denning, osservando Venere, notò che due crescenti erano visibili nel campo del telescopio: uno largo e pallido, quasi al centro del campo, e l’altro piccolo e brillante, un poco ad ovest del primo, che riproduceva in modo perfetto, ma rimpicciolito di circa 6 volte. Denning fece girare l’oculare senza produrre alcuna variazione dell’immagine, poi lo tolse. Guardando dentro l’interno del tubo, si accorse che i raggi del Sole entrando per l’apertura principale del telescopio venivano a cadere in parte sul piccolo tubo mobile che porta l’oculare e vi formavano nella parte ad ovest un piccolo crescente brillante che, debolmente riflesso ed invertito dall’oculare, diveniva l’origine dell’immagine. (vedi L’Astronomie, 1, {A-0076.0001_.0006.18820800-0221_0225} p. 222 ➤
Nel grande equatoriale dell’Osservatorio di Washington, uno degli oculari ha costantemente mostrato a Newcomb un piccolo satellite a lato di Urano e di Nettuno, quando l’immagine del pianeta arrivava giusto al centro del campo: ma questo satellite spariva non appena si spostava il telescopio. In Acta Societatis Scientiarum Upsaliensis, 3, p. 224 Wargentin disse che aveva un cannocchiale acromatico abbastanza buono, che dava sempre a Venere un satellite con una luce debole; ruotando il telescopio, si vedeva ruotare il satellite da tutte le parti.
Nella seconda metà del XIX secolo gli astronomi furono molto impegnati nella ricerca del pianeta intramercuriale, e alcuni pensarono che forse alcuni dei corpi osservati vicino a Venere fossero stati reali, però non satelliti, ma piccoli corpi del sistema solare temporaneamente prospetticamente (o forse anche fisicamente) vicini al pianeta. Carl Haase, membro dell’Astronomische Gesellschaft, scrisse il libro “Einige Zusammenstellungen als Beitrag zu der Frage, ob ausser Merkur und Venus in dem Raume zwischen Sonne und Erde noch andere planetenartige Körper vorhanden sind”, Hannover 1864, in-8° [Alcuni elenchi come contributo al problema, se all’esterno di Mercurio e Venere nello spazio fra il Sole e la Terra possano esistere altri corpi planetari]; discusso qui ➤ . Discutendo le osservazioni di peculiari macchie rotonde sul Sole, concluse che esse potevano essere attribuite al transito di almeno due pianetini intramercuriali, con periodi di 28 e 42 giorni.
A pag. 107-108 del suo libro Haase riassunse le osservazioni del presunto “satellite” di Venere, e si chiese se alcune di esse potessero essere spiegate con l’avvicinamento (almeno prospettico) di un pianetino. Affidandosi in primo luogo alle osservazioni di Montaigne, trovò che le sue 4 registrazioni non si potevano accordare con un’unico oggetto, ma semmai con due, uno relativo alle osservazioni del 3 ed 11 maggio, e l’altro a quelle del 4 e 7 maggio. Le prime due si potevano collegare al passaggio osservato da Scheuten il 6 giugno 1761, e Haase arrivò persino a calcolare gli elementi orbitali del presunto pianetino, fra i quali spiccavano il semiasse maggiore 0.730718 (molto simile a quello di Venere) e l’inclinazione 2°29’18”. A pag. 135 Haase concluse: Se questi elementi abbiano qualche valore, oppure siano uno dei possibili difettosi esempi di calcolo, il futuro ce l’insegnerà.
Il 3 febbraio 1884 C.-E.Stuyvaert dell’Osservatorio di Bruxelles vide un punto estremamente brillante sopra il disco di Venere; nove giorni dopo, J.L.N. Niesten vide un punto simile, ma ad una certa distanza dal pianeta. Questi fatti furono citati in un’articolo di J.C. Houzeau de Lahaie, ex-direttore dell’Osservatorio di Bruxelles, “Le satellite problématique de Vénus.” Ciel et Terre, 5, (15 maggio 1884) {A-0223.0005_.0000.18840000-0121_0129} p. 121-129 ➤ . Un estratto apparve in L’Astronomie, 3, {A-0076.0003_.0008.18840800-0283_0289} p. 283 ➤.
Houzeau non pensava che le osservazioni dei satelliti di Venere fossero delle illusioni, perchè tutte queste osservazioni furono fatte o da celebrati astronomi, come Dominique Cassini, o almeno da osservatori esperti e nel caso di Roedkiær e Short furono usati diversi telescopi, con più di un’oculare. Short compì misure micrometriche, e le osservazioni di Roedkiær furono confermate in più di un’occasione dagli astronomi dell’Osservatorio di Copenhagen. Houzeau non poteva credere che il satellite si rendesse visibile solo in circostanze accidentali, prima per l’impossibilità di rappresentare convenientemente le posizioni osservate con un’orbita intorno a Venere, e poi perchè la massa del pianeta dedotta con gli ultimi tentativi meno imperfetti sarebbe stata 7 volte il valore reale.
In Bulletin de l’Académie royale de Belgique, 46 (1878) p. 958 ➤ Houzeau aveva suggerito che il cosiddetto satellite potesse essere un pianeta intra-Mercuriale. Cito da Ciel et Terre:
{A-0223.0005_.0000.18840000-0121_0129} p. 121 ➤ Che un pianetino, circolante dentro l’orbita di Mercurio, si trovi un giorno in un avvicinamento apparente con Venere abbastanza grande per apparire nel campo del cannocchiale con esso, e si vedrà a lato del disco considerevole di Venere un corpo di dimensioni minori, presentante una fase poco differente da quella del grande pianeta. Questo è precisamente quanto si era osservato.
C’era un mezzo per decidere se questa spiegazione era ammissibile. Un pianeta intra-mercuriale non può allontanarsi dal Sole più di quanto non faccia nè Venere nè pure Mercurio. Esso non poteva dunque essere visto presso al primo di questi pianeti che alle epoche in cui questo, nel suo moto apparente, non era ancora molto distante dal Sole. Se l’osservazione fosse stata fatta a volte a delle distanze dal Sole uguali o superiori alle massime elongazioni di Mercurio, bisognerebbe aver trovato un’altra ipotesi.
Per verificare questa teoria, Houzeau redasse una tavola di quelle che considerava le osservazioni più attendibili:
| N°. | data | Venere di mattina (M) o di sera (S) | Longitudine elioc. di Venere | elongazione | lat. geocentrica | dist. dalla Terra (UA) |
| 1 | 15.11.1645 | S | 309° | 31° | -2°.0 | 1.37 |
| 3 | 25.1.1672 | M | 162 | 46 | +4°.8 | 0.59 |
| 3 | 28.8.1686 | M | 59 | 38 | -0°.7 | 1.17 |
| 4 | 23.10.1740 [3.11.1740] | M | 68 [86] | 46 | -0°.5 [+0.7] | 0.60 [0.64] |
| 5 | 07.05.1761 | S | 207 | 34 | +5°.4 | 0.45 |
| 6 | 04.03.1764 | S | 59 | 30 | -0°.7 | 1.38 |
| 7 | 28.03.1764 | S | 98 | 35 | +1°.2 | 1.24 |
[La quarta osservazione va corretta come indicato fra parentesi, perchè la data usata da Houzeau è quella giuliana.]
Hozeau osservò che questa tabella confortava la sua ipotesi, perchè in tutti i casi Venere fu più distante dal Sole di un pianeta intramercuriale. Esprimendo le date in anni e decimali di anno, Houzeau ottenne la tavola seguente (qui modificata con la correzione della data dell’osservazione di Short):
| N°. | data | intervallo (anni) | numero di periodi | periodo (anni) |
| 1 | 1645.87 | |||
| 3 | 1672.07 | 26.20 | 9 | 2.91 |
| 3 | 1686.65 | 14.58 | 5 | 2.92 |
| 4 | 1740.84 | 54.19 | 18 | 3.01 |
| 5 | 1761.34 | 20.50 | 7 | 2.93 |
| 6 | 1764.24 | 2.90 | 1 | 2.90 |
| intervallo totale | 118.37 | 40 | 2.96 |
Houzeau si domandò (p. 124) ➤ Questa concordanza ripetuta sei volte è puramente l’effetto del caso? Senza dubbio essa può essere solo accidentale; ma la probabilità nel senso contrario è talmente forte, che non sarà senza interesse esaminare cosa una tale periodicità, supponendola stabilita, potrebbe indicare.
Houzeau ragionò a questo modo. Ci sono due corpi, uno relativamente grande, e l’altro descritto di dimensioni molto più piccole, che appaiono vicini ad intervalli quasi costanti. Non è ammesso che si possa trattare di un vero satellite, perché i due sono separati negli intervalli. Segue dai fatti osservati che l’orbita che loro seguono li porta ad essere insieme ad intervalli fissati di tempo. Queste orbite sono vicine fra loro per tutta la loro lunghezza, perché le congiunzioni sono state osservate in differenti parti dell’orbita di Venere, nelle parti davanti o dietro al Sole, ad ovest e ad est di questa luminaria. Queste condizioni possono essere soddisfatte solo due orbite sensibilmente concentriche e con raggi che differiscono molto poco.
(p. 124) ➤ Per abbreviare, mi permetterei di designare con un nome l’astro problematico di cui ho tante volte parlato. Ogni appellativo adempierebbe il compito: io ho scelto Neith, nome della dea misteriosa di Sais, della quale alcun mortale aveva sollevato il velo. Dirò dunque: Venere e Neith ritornano in congiunzione apparente ogni 2.96 anni, cioè nel termine di 1080 giorni circa, nelle loro orbite concentriche molto vicine.
[Nella mitologia egizia, Neith era madre o moglie del dio solare Ftah, considerata come spirito dell’universo, e spesso identificata con Iside; era adorata soprattutto a Sais, come dea delle arti.] Neith avrebbe dovuto essere un pianeta poco esterno a Venere, e Houzeau gli assegnò in periodo di 283 giorni (contro i 224.7 di Venere). Siccome 5/4*224.7=280.88, Neith sarebbe stato vicino ad una risonanza 5:4 con Venere. Houzeau citò due recenti osservazioni compiute all’Osservatorio di Bruxelles:
(p. 127) ➤ Se aggiungiamo all’ultima data del 1764 sia 40 che 41 periodi, arriviamo press’a poco all’epoca attuale; ma l’intervallo essendo di più di un secolo, è impossibile precisare il momento della congiunzione. Se prendiamo, per esempio, la prima metà di febbraio 1884, ovvero 1884.12, avremo per il periodo, dopo l’osservazione del 1764, … 2.92 anni, e popo la prima apparizione del satellite nel 1645, … 2.94 anni. Io scelsi questa data del febbraio 1884, perchè il 3 di questo mese, alle 6 di sera, M. Stuyvaert, astronomo dell’Osservatorio di Bruxelles, ha visto sul disco di Venere, vicino al bordo illuminato, un punto estremamente brillante, che richiamava l’aspetto dei satelliti di Giove quando sono davanti al pianeta. Ciò che aumenta l’interesse di questa osservazione, è che qualche giorno più tardi, il 12 dello stesso mese, alle 8 di sera, M. Niesten ha notato vicino a Venere, un poco a sud, un piccolo astro che sembrava composto da un nucleo e da una nebulosità molto debole, e che non è più ritornato i giorni seguenti. Era una riapparizione del pianeta problematico? Non è il caso di moltiplicare le ricerche, ed esplorare giorno per giorno il disco di Venere e i suoi dintorni?
Houzeau discusse una obiezione alla teoria come segue:
(p. 128) ➤ L’inclinazione dell’orbita di Venere, senza essere molto grande, è tuttavia sensibile. Le osservazioni dell’astro problematico sono state fatte a delle distanze diverse dai nodi di Venere, e per conseguenza in dei punti dove le orbite avrebbero dovuto separarsi in latitudine. Tuttavia, per avere i due corpi nello stesso tempo nel campo del cannocchiale, non poteva esistere fra di essi uno scarto superiore a 30′ circa. Se, nella tavola I, si buttano gli occhi sulle latitudini geocentriche di Venere, in occasione delle diverse osservazioni, si vede che esse presentano dei valori molto irregolari. Per conservare la prossimità apparente, occorre ammettere, che sarebbe estremamente improbabile se si trattasse di pianeti presi a caso, che le due linee dei nodi come le due linee dei nodi siano molto vicine, e in altri termini che i piani delle due orbite siano circa confusi.
Nonostante le coincidenze segnalate, la teoria di Houzeau appariva superficiale, ed inoltre non rappresentava la maggior parte delle osservazioni. C.A. Young, “The year’s progress in astronomy”, Transactions of the New York Academy of Sciences, 5, (May 17, 1886) scrisse:
{A-0027.0005_.0000.18860517-0234_0263} p. 249 ➤ Menzioniamo di passaggio, ma senza approvazione, le speculazioni di Houzeau, che ha tentato di spiegare alcune delle osservazioni più vecchie di un satellite di Venere, supponendo un altro pianeta compagno, “Neith”, circolante attorno al Sole in un’orbita un poco più grande di quella di Venere, e che di tempo in tempo arriva in congiunzione con esso. Ma la teoria è certamente insostenibile; un pianeta abbastanza grande da mostrare fasi, come si dice abbia avuto l’ipotetico satellite, nei deboli telescopi con cui la maggior parte delle osservazioni furono fatte cento anni fa o più, sarebbe stato facilmente visibile persino ad occhio nudo. Ci possono essere pochi dubbi che tutti i satelliti di Venere finora osservati siano semplicemente fantasmi dovuti alle riflessioni fra le lenti del telescopio, o fra la cornea dell’occhio e gli oculari.
Nel 1887 l’astronomo belga P. Stroobant discusse in modo approfondito la questione del misterioso satellite, presentando davanti all’Accademia Reale delle scienze del Belgio la Memoria “Étude sur le satellite énigmatique de Vénus”, pubblicata in Mémoires Couronnés et Mémoires des Savants Étrangers publiées par l‘Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique , 49 (1888), {A-0028.0049_.0000.18880000-0001_0048} p.5 ➤ ; si veda anche L’astronomie, 6, {A-0076.0006_.0012.18871200-0452_0457} p. 452 ➤ . Stroobant scrisse un breve sunto del suo lavoro in “Étude sur le satellite énigmatique de Vénus”, Astronomische Nachrichten, No. 2809, 118 (1887), {A-0073.0118_.2809.18871017-0005_0010} p.5-10 ➤ . Stroobant scartò le ipotesi del satellite, della falsa immagine, e identificazioni con altri corpi del sistema solare (Urano o pianetini); si dedicò a cercare identificazioni con stelle fisse. Ecco i suoi risultati:
- 1672 Cassini. Non trovò alcuna stella in vicinanza di Venere, ma ricordò che non esisteva alcuna carta dettagliata di quella regione stellare.
- 1686 Cassini. Alcuna stella. Forse Cassini aveva sbagliato a citare la data?
- 1740 Short. Forse la stella BD+2°2493 (8m.5). Il testo inglese non fornisce la posizione, mentre quello francese dà una posizione incompatibile con quella della stella. Ma si tratta di una fonte di seconda mano, e forse è fuggito un errore. La forma allungata segnalata da Short potrebbe essere stata provocata da un po’ di vapore sull’oculare, e dall’immaginazione.
- 1759 Mayer. Stroobant ipotizzò un’errore nella comunicazione della data: spostandola di qualche giorno si poteva avere l’identificazione con la stella ε Geminorum. Tentò un’identicazione con Vesta, senza risultato.
- 1761 La Grange. Non si può fare un’identificazione sicura, perchè non vengono fornite le posizioni del satellite rispetto a Venere. Ecco delle stelle vicino al pianeta: 11.2.1761 BD+2°54 (7m.7); 12.2.1761 BD+2°58 (8m.5); 13.2.1761 BD+3°65 (8m.7).
- 1761 Montaigne. 3 e 4 maggio 1761 BD+27°806 (7m.1); 7.5.1761 BD+27°859 (8m.4); 11.5.1761 BD+27°849 (7m.8). Quanto al fatto che l’astronomo francese avesse segnalato un oggetto di 10″ a forma di crescente, Stroobant l’attribuì ad una cattiva messa a fuoco.
- 1761 Scheuten e osservatore a St. Neots. Le considera delle semplici macchie solari, perchè nulla risultò dalle osservazioni di Lacaille, Cassini, Samuel Dunn, Ferner, John Winthrop.
- giugno 1761 Roedkiær. Stroobant le considera dubbie, perchè non furono confermate dagli altri astronomi e non furono pubblicate.
- 19.7.1761 Roedkiær. BD+18°779 = m Tauri (5m)
- 5.8.1761 Roedkiær e Boserup. La stella di riferimento usata dagli astronomi di Copenhagen fu la χ3 Orionis (5m.5) e il presunto satellite fu χ4 Orionis (5m).
- 8.8.1761 Roedkiær. Stella 71 Orionis (6m).
- 12.8.1761 Roedkiær. Molto probabilmente la stella ν Geminorum (4m.5).
- 13.8.1761 Roedkiær. Stella BD+19°1391 (7m).
- Marzo 1764 Copenhagen. Il 4 marzo Urano di trovava all’angolo di posizione indicato, ma ad una distanza di 16′ e non di 0.2′. Il 10 e 11 marzo una stella di 9m.5 si trovava vicino a Venere, ma è improbabile che fosse visibile.
- 1764 Montbarron. 15.3.1764 stella BD+11°262 (8m.5); 28.3.1764 BD+17°471 (7m); forse BD+170°493 (6m.5).
- 1768 Horrebow. Stella θ Librae (4m.5). Identificazione perfetta: l’osservatore indicò un moto proprio rispetto a Venere, uguale ed opposto a quello del pianeta sulla sfera celeste.
Nell’agosto 1888, in un discorso che riassumeva i progressi dell’astronomia nel 1887, Camille Flammarion, Presidente della Société Astronomique de France, in L’Astronomie, 7, {A-0076.0007_.0005.18880500-0161_0173} p. 169 ➤ dichiarò: La questione del satellite enigmatico di Venere è stata infine risolta da M. Stroobant. Quando non c’è una falsa immagine o un’illusione ottica, si trova, per le 33 osservazioni meglio fatte, una stella fissa corrispondente quasi esattamente alle diverse posizioni notate.
In “Les Astres” (IV ed., 1891) Jean Rambosson concluse: Certi astronomi, arrivarono allora fino ad ammettere l’esistenza di un pianeta circolante fra Venere e la Terrra… Esso (l’enigma) è stato pressochè risolto da M. Strrobant (…) Le poche apparizioni che non sono ancora spiegate lo saranno probabilmente in un avvenire prossimo. Ciò che sembrerebbe fuori di dubbio, è che il satellite di Venere, attorno al quale si fece tanto rumore, non esiste.
Il 13 agosto 1892 E.E.Barnard osservò un’oggetto di 7m vicino a Venere; benché fosse un’abile ed accurato osservatore, non riuscì ad identificarlo, perché la posizione del telescopio dell’Osservatorio Lick non gli consentì di prendere altre misure. Ne parlò solo diversi anni dopo, nella nota “An unexplained observation”, Astronomische Nachrichten , No. 4106, 172, (nov. 1906):
{A-0073.0172_.4106.19060717-0025_0026} p. 25 ➤ Yerkes Observatory, 22.3.1906. Forse non sarà troppo tardi, dopo 14 anni, richiamare l’attenzione su un’osservazione fatta la mattina di sabato 13 agosto 1892. Mentre esaminavo Venere in quella data con il 36 pollici del Lick Observatory – come ho fatto altre volte precedentemente – vidi una stella nel campo con il pianeta. Questa stella fu stimata essere almeno di 7a magnitudine. La posizione era così bassa che fu necessario stare sopra la spalliera di una alta sedia di osservazione. Non fu possibile compiere alcuna misura, perché dovevo attaccarmi al telescopio con entrambe le mani per non cadere. La stella fu stimata essere 1′ a sud di Venere e circa 14s precedente, alle 4h50m a.m. Standard Pacific Time. L’osservazione fu quindi il 13 agosto a 0h50m, Tempo Medio di Greenwich.
La posizione di Venere al tempo di questa osservazione sarebbe α = 6h52m44s δ = +17°11′.8 Da questo, la posizione della stella sarebbe circa α = 6h52m30s δ = +17°11′.0 Per il 1855, sarebbe α = 6h50m21s δ = +17°13′.6.
Non sembra esserci una stella considerevole vicino questa posizione e l’oggetto non si accorda con alcuna stella BD. L’osservazione fu fatta in luce diurna, mezz’ora prima dell’alba. A meno che non fosse uno degli asteroidi più brillanti (non Cerere, Pallade, Giunone o Vesta, che erano altrove) non sono in grado di render conto dell’osservazione. L’elongazione di Venere dal Sole era circa 38° il che escluderebbe la possibilità che l’oggetto fosse un pianeta intramercuriale, ma non preclude la possibilità che sia un pianeta interno a Venere, anche se ciò non è probabile. Ho precedentemente esitato sul richiamare l’attenzione su questa osservazione, ma ora penso che sia meglio metterla a verbale. Non ci può essere errore nella data, e una riflessione dall’immagine di Venere è fuori di questione. Nessun’altra stella fu vista vicino a Venere in quella data. Mando una copia di un disegno fatto all’epoca.
Rudolf Pirovano, “Notiz. betr. E. E. Barnard, An unexplained Observation, A.N. 4106”, Astronomische Nachrichten, No. 4117, 172, (nov. 1906) scrisse:
{A-0073.0172_.4117.19060825-0207_0208} p. 217 ➤ Pontafel, Kärnten, 31.4.1906. In A.N. il Prof. E.E.Barnard fornisce un’osservazione fino allora rimasta inspiegata del 13 agosto 1892, che, se la data specificata è corretta, soffre di una contraddizione interna. Vale a dire, se calcoliamo con il l.c. valore riportato dell’angolo orario t, azimut A e altezza h di Venere al tempo di osservazione specificato, otteniamo:
t=-4h39m.7
A=87°41′.5 per N gen E h=26° 6′.5
L’altezza calcolata non può essere conciliata con le parole di Barnard «La posizione era così bassa che fu necessario stare sopra la spalliera di una alta sedia di osservazione ecc.» Da cui un tempo di osservazione precedente a quello indicato dalla nota «L’osservazione fu fatta in luce diurna, mezz’ora prima dell’alba» è impossibile, per cui nonostante le parole « Non ci può essere errore nella data» ancora rimane la possibilità di un errore nella data.
La replica di Barnard, “Reply to Mr. Rudolph Pirovano’s remarks in A.N. 4117, concerning ‘An unexplained observation’ “, Astronomische Nachrichten, No. 4148, 173, (gen. 1907):
{A-0073.0173_.4148.19070110-0315_0318} p. 315 ➤ Yerkes Observatory, 26 settembre 1906. In risposta a Rudolph Pirovano (A.N. 41117) io direi che con i grandi telescopi di questo paese 26° sarebbe considerata una bassa altezza per l’osservazione di oggetti in certe parti del cielo. Non ci si aspetta che questi telescopi siano usati vicino all’orizzonte. Quando è richiesto di osservare vicino all’orizzonte, è necessario avere un’alta sedia di osservazione in aggiunta ad un pavimento sopraelevato. Per uno che non ha usato questi grandi telescopi questo fatto sarà forse nuovo.
Per quanto posso ricordarmi, le condizioni nelle quali le osservazioni furono fatte sono affermate correttamente in A.N. 4106. Esse sono prese dalle note originali che seguono dal disegno nel libro note. Queste note dicono «La posizione del tubo rispetto alla sedia alta rese impossibile prendere le misure prima che la luce diurna lo uccidesse [l’oggetto]». Le note dicono ancora «Nessuna piccola stella vicino ad esso [Venere] eccetto una che precede, che deve essere almeno della 7a magnitudine per essere vista in forte luce diurna. Esaminato Venere fra 16h30m e 16h50m .» La mia nota sull’oggetto dice «Stella 1′ sud, star p. 6/10 di campo 260 [campo=6′] circa 14s».
Io deduco che le note di Mr. Pirovano possono gettare un dubbio sulla data dell’osservazione. Tale questione, fortunatamente, si risolve facilmente. Il 12 agosto 1892 avvenne di venerdì. Venerdi era officialmente la mia notte con il 36 pollici. Nella notte di osservazione il mio libro di osservazioni mostra che feci un certo numero di misure della posizione dei satelliti di Marte. Misurai e stimai anche le posizioni di dettagli ben conosciuti sulla superficie di Marte. Non è necessario darli qui, ma sono a disposizione di chiunque li voglia.
[Riporta delle osservazioni di Giove come prova della data]
Ci sono due sedie di osservazione all’Osservatorio Lick; una che è sempre usata – la sedia regolare di osservazione; un’altra – un grande affare ingombrante – che fu fatta, io credo, per arrivare all’apertura del tubo a circa 10 piedi dall’occhio, per arrivare alla lastra fotografica e per scopi di guida quando era inserita la lente corretrice fotografica da 33 pollici. Questa pesante sedia fu raramente usata da me, o per ogni altro scopo oltre da quello dichiarato sopra, e evidentemente non fu usata nella notte in questione.
Perchè la mia memoria non possa essere andata troppo fuori strada, ho scritto al Professor Campbell, il Direttore del Lick Observatory, di avere il 36 pollici posto all’angolo orario -4h39m.9 e δ=+17°, con il pavimento elevatore al punto più alto, e di darmi la distanza fra l’oculare e il pavimento. Il che ha fatto gentilmente. Egli disse che «Con il telescopio posto all’angolo orario est 4h40m e declinazione +17°, l’oculare del 36 pollici è 11 piedi sopra la posizione più elevata del pavimento. Lo scalino superiore della sedia di osservazione più piccola è 8 piedi sopra il pavimento, e la sommità della sedia grande è 15 piedi sopra il pavimento.»